Se la morte ci accomuna, perché non può essere comune il sepolcro? Questa domanda ce la pone un’epigrafe tombale riscoperta nel 2011 a suggello di uno tra i sepolcri che la comunità di Aulla aveva restaurato nel 1664.
A partire dal 1662 la chiesa fu interessata da imponenti lavori per la costruzione della volta in pietra, la posa del pavimento in marmo, la decorazione a stucco degli interni e l’allestimento di pregiati arredi liturgici in marmo.

In quegli stessi anni le famiglie più facoltose di Aulla e la comunità rinnovarono le 17 tombe ad inumazione che, esplorate in parte, hanno restituito preziosi corredi funebri: 33 crocifissi, 10 anelli, grani di rosari, bottoni, monete, 231 medaglie devozionali ed un prezioso ciondolo-reliquiario che, tra le due disegni di Cristo alla colonna e della Madonna, racchiude preghiere a stampa, foglie, pezzuole-reliquie.
Alcuni oggetti da lavoro hanno accompagnato i defunti nella tomba: rasoi da barbiere, ditali, forbici e ago da sarti ed una fiasca di vetro, probabilmente contenente acqua benedetta.
Su un’altra lastra tombale si ricorda che la morte è condizione di passo ad altra vita, nell’attesa della Resurrezione:

non credere, viandante
che questo sia un sepolcro
è una palestra dove ci si prepara
all’eternità
1664